Moderatamente costruttivi sui tassi USA

Tassi USA: incertezza sul mercato del lavoro

Continuiamo a ritenere che il mercato del lavoro sia il fattore determinante per i tassi USA. Se l'occupazione si stabilizzerà, prevediamo un aumento della parte lunga della curva, in particolare delle scadenze oltre i dieci anni. Tuttavia, questa prospettiva dipende in larga misura dai dati sul mercato del lavoro, che restano limitati a causa del recente shutdown governativo.  Nonostante la scarsa chiarezza del contesto, nel corso del mese abbiamo rivisto al rialzo i tassi USA in seguito al forte sell-off verificatosi dopo la riunione del FOMC.  Il mercato ha interpretato i commenti del Presidente Powell, secondo cui un intervento a dicembre “non è una conclusione scontata”, come un segnale restrittivo, reazione che riteniamo eccessiva. Questo tipo di risposta è in linea con quanto ci aspetteremmo dalla Fed che, nelle attuali circostanze, è logicamente molto riluttante a impegnarsi in anticipo su un nuovo taglio.

In termini di fair value relativo, i tassi USA hanno nettamente sovraperformato quelli in euro. Tuttavia, ciò non indica necessariamente un livello minimo; infatti, i rendimenti potrebbero ancora scendere. Il differenziale del tasso terminale tra le due regioni si mantiene a circa 100-120 punti base. Di conseguenza, il solo fair value relativo non costituisce un segnale di acquisto.

Passando ai limitati dati disponibili negli Stati Uniti, principalmente indicatori basati su indagini, il quadro appare resiliente. Il Senior Loan Officer Opinion Survey (SLOOS) ha tenuto, i servizi ISM si sono ripresi e la stima GDPNow della Fed di Atlanta rimane solida. I segnali negativi sono concentrati nel mercato del lavoro, dove indicatori di secondo livello come i licenziamenti Challenger suggeriscono rischi crescenti. Fino a poco tempo fa, il trend prevalente era quello di "pochi licenziamenti e poche assunzioni", ma ora il rischio che i licenziamenti accelerino è concreto. In assenza di dati hard, non intravediamo alcun motivo per supporre che la tendenza precedente allo shutdown si sia invertita.

L'inflazione resta troppo elevata rispetto a ciò che la Fed considera accettabile, anche se le recenti sorprese sono state generalmente al ribasso. I dazi non hanno esercitato la pressione al rialzo attesa, almeno non così rapidamente come previsto. Tuttavia, occorre segnalare la forte ascesa dei prezzi pagati dei servizi ISM, poiché spesso questo indicatore preannuncia in modo affidabile l'inflazione futura.

Quanto alla politica monetaria, al momento sono previsti tre ulteriori tagli di 25 punti base prima di raggiungere il tasso terminale. Un tasso terminale del 3,25% appare sostanzialmente equo, forse leggermente inferiore al tasso neutrale a lungo termine. Sebbene i cambiamenti nella leadership della Fed sollevino incertezze, il presidente da solo non può apportare modifiche significative alla politica senza il consenso del comitato. A parità di condizioni, riteniamo che le probabilità propendano per un numero maggiore di tagli piuttosto che verso un numero inferiore.

Nel complesso, siamo quindi moderatamente costruttivi sui tassi USA. Qualora dovesse essere oltrepassata la soglia del 4,20%, potremmo assumere una visione più positiva. In termini di posizionamento della curva, manteniamo uno steepener 5-30 sui tassi USA. Ciò riflette la nostra aspettativa che riemerga il dibattito sull'indipendenza della Fed, alla luce soprattutto delle recenti interviste per la carica di presidente dell'istituto. In queste circostanze, uno steepener con un carry negativo limitato offre un'interessante copertura.

 

Eurozona: una posizione neutrale sullo sfondo di dati resilienti

La nostra visione per i tassi dell'Eurozona rimane prossima alla neutralità. Il ciclo economico è passato da positivo a neutrale, riflettendo una maggiore resilienza rispetto a quanto atteso in precedenza. I fattori tecnici permangono favorevoli e siamo a nostro agio nel mantenere una posizione neutrale. Tra gli sviluppi recenti figura un modesto irripidimento della curva, con lo spread 10/30 tornato a 60 punti base. Le obbligazioni denominate in euro continuano a offrire un valore superiore rispetto alle omologhe statunitensi coperte in euro.

Da una prospettiva di fair value, a nostro parere le scadenze a 2 e 10 anni sono entrambe valutate complessivamente in modo equo. In termini di ciclo economico, la resilienza è evidente, soprattutto nei paesi non core. L'inflazione continua a rallentare, oscillando intorno al 2%, e prevediamo che scenderà sotto tale livello nel 2026. La BCE sostiene di essere "in una buona posizione", ma i recenti commenti suggeriscono un orientamento restrittivo. La soglia per un taglio dei tassi è ora molto elevata e, a questo punto, riteniamo molto improbabile un'altra riduzione quest'anno. I fattori tecnici rimangono favorevoli nel breve termine e il posizionamento non è cambiato in modo significativo.

A livello nazionale, in Francia e Belgio le preoccupazioni fiscali risultano più pronunciate. Ciononostante, rimaniamo neutrali sulla Francia e preferiamo attendere livelli più contenuti prima di riaprire una posizione short. Le dinamiche politiche restano complesse, con il processo decisionale sul bilancio soggetto a numerosi emendamenti. Anticipiamo una persistente volatilità nelle prossime settimane. Siamo sovrappesati su Slovacchia e Slovenia. Riguardo all'Italia, riteniamo che gli spread BTP-Bund siano correttamente valutati e non intravediamo catalizzatori per una sovraperformance solida e prolungata nel breve termine. Continuiamo a mantenere uno steepener 10-30 dopo averlo reintrodotto, dato in particolare il proseguimento della transizione dei fondi pensione olandesi.

 

Canada: una crescita sorprendentemente resiliente

La crescita canadese ha superato le aspettative. L'ultimo taglio è stato accompagnato da un atteggiamento restrittivo, che ha segnalato cautela nonostante l'intervento. La pubblicazione del primo bilancio canadese dopo diciotto mesi ha rivelato un incremento di deficit e spesa, che delinea una tendenza verso tassi più elevati nel tempo. A nostro avviso, il ciclo di allentamento è ormai concluso. In un'ottica di lungo termine, i tassi canadesi appaiono costosi e manteniamo un orientamento short su questo mercato.

 

Regno Unito: resilienza economica nonostante la  pressione fiscale

Lo scorso mese abbiamo rafforzato il nostro orientamento verso i tassi britannici per due motivi principali: la performance economica e gli sviluppi fiscali. Di recente il governo ha nuovamente escluso aumenti dell'imposta sul reddito, grazie a proiezioni di entrate superiori alle attese. Nonostante queste tendenze, il tasso terminale permane al 3,5%, un livello superiore a quello statunitense che reputiamo insostenibile. Nell'ultima riunione della Banca d'Inghilterra, la decisione di non procedere a un taglio è passata per 5 voti a 4, a sottolineare quanto un allentamento della politica monetaria sia ormai vicino. Riteniamo che i tassi britannici abbiano un potenziale aggiuntivo di performance compreso tra 20 e 25 punti base.

 

Mercati emergenti: le valutazioni rappresentano un ostacolo

Lo scorso mese abbiamo mantenuto un giudizio costruttivo su tutte le classi di asset dei mercati emergenti. Siamo ora tornati a una visione neutrale sui titoli sovrani in valuta forte, principalmente a causa delle valutazioni. La propensione al rischio nei mercati emergenti è sempre più estrema e, insieme agli spread contratti, ci ha indotto a ridurre la nostra visione a neutrale. Continuiamo a privilegiare il segmento corporate e i tassi locali. Secondo il nostro quadro, i tassi locali dei mercati emergenti rimangono interessanti; le banche centrali hanno infatti margini per ulteriori tagli, che prevediamo si concretizzeranno il prossimo anno. Riguardo agli spread, quelli in valuta forte sono estremamente contenuti e, durante il recente rally, i titoli corporate dei mercati emergenti hanno sottoperformato quelli sovrani.

Nel complesso, siamo piuttosto tranquilli riguardo ai fondamentali dei mercati emergenti, che restano solidi e sostenuti dalla fragilità del dollaro. Di conseguenza, prevediamo di tornare ad acquistare qualora gli spread dovessero indebolirsi.

I flussi verso i mercati emergenti si sono rafforzati quest'anno, trainati soprattutto dai mercati locali, che negli anni scorsi erano stati trascurati. Il deprezzamento delle valute rispetto al dollaro statunitense ha eroso il vantaggio di un carry più elevato, determinando una sottoperformance del debito in valuta locale rispetto a quello in valuta forte. Le banche centrali hanno mantenuto una posizione restrittiva e il rischio politico rimane un fattore importante. Nonostante questi rischi, manteniamo una visione costruttiva su alcune posizioni in valute dei mercati emergenti.

 

Mercati del credito: dinamiche di fine ciclo

Nei mercati del credito stiamo entrando nella fase di fine ciclo. Le valutazioni sono basse, poiché i rischi sul mercato si stanno accumulando. Si tratta di un frangente che impone una selezione del credito molto accurata e una gestione prudente del beta. Non intravediamo fattori immediati che possano causare un ampliamento degli spread, ma riteniamo che sia necessario posizionare i portafogli in modo da garantire resilienza.

Rimaniamo cautamente ottimisti sull'IG in euro, poiché i fondamentali e il favorevole contesto macro fungono da sostegno e giustificano la ripresa del carry, possibile nonostante le valutazioni ridotte. Abbiamo anche rivisto al rialzo il debito finanziario subordinato AT1 in euro, in quanto continuiamo a reputare il settore bancario resiliente e adeguatamente capitalizzato. In un'ottica fondamentale, riteniamo quindi che questi siano ancora alcuni dei premi di rischio con la migliore valutazione disponibili sul mercato.

Tra i corporate IG in euro, gli industriali si sono comportati bene, trainati da società legate all'IA come Legrand e Schneider. Il settore automobilistico ha mostrato segni di debolezza, anche se meno del previsto. La domanda nel settore dei viaggi e del tempo libero rimane robusta, mentre quello chimico, nel quale Saint-Gobain è un caso emblematico, continua a soffrire. Gli utili bancari del terzo trimestre si sono rivelati solidi.

Siamo più cauti sull'IG in dollari USA e sull'HY in euro e dollari USA. Questi segmenti appaiono leggermente meno in salute da una prospettiva macro e fondamentale e riteniamo che, se le vulnerabilità inizieranno a essere scontate negli spread creditizi, saranno i primi a risentirne. È troppo presto per assumere una visione del tutto negativa, poiché la propensione al rischio è chiaramente ancora presente sul mercato, ma è di primaria importanza una selezione prudente di emittenti e settori. Abbiamo una netta preferenza per i settori difensivi.

 

Cambi: la debolezza del dollaro destinata a proseguire

Manteniamo una visione negativa sul dollaro USA, motivata dai timori sull'indipendenza della Fed e dai rischi di ribasso per l'economia statunitense. Il nostro posizionamento riflette questa visione: siamo long sull'EUR rispetto all'USD e short sull'USD rispetto ad alcune valute dei mercati emergenti. In linea con le nostre prospettive sui tassi, manteniamo posizioni opposte su GBP e CAD, ossia long sul CAD e short sulla GBP. Dati i rischi di bilancio, la nostra posizione short sulla GBP può anche fungere da copertura contro l'esposizione ai tassi a lungo termine.

La nostra posizione long sul JPY ha sottoperformato, ma intravediamo un potenziale rialzo dei tassi da parte della Banca del Giappone, con il mercato che sconta una probabilità del 40% di un intervento a dicembre. Non escludiamo questo esito, che sarebbe favorevole allo yen. Inoltre, un intervento è possibile anche alla luce delle recenti oscillazioni valutarie. Anche il contesto politico è rilevante: la nuova amministrazione è a favore di uno yen più forte e le discussioni sui dazi hanno assunto toni più costruttivi. A livello tattico, siamo long sulla SEK e short sulla NOK, considerando il miglioramento dei dati economici svedesi e il recente taglio dei tassi da parte della Riksbank, che ha trainato la crescita.

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