Il tempo, un fattore cruciale

La guerra in Ucraina ha sollevato nuovi dubbi per gli investitori. Gli impatti economici più immediati nel nostro scenario centrale sono stati un innalzamento delle previsioni inflazionistiche per quest'anno al 5,0% e una revisione al ribasso delle stime sulla crescita del PIL per l'eurozona al 3,4%. Di conseguenza, le incertezze, che già presentavano una traiettoria ascendente in seguito all'atteso inasprimento della politica monetaria americana, si sono ulteriormente intensificate. L'invasione dell'Ucraina e le risultanti sanzioni economiche nei confronti della Russia ci hanno indotto a essere prudenti nelle nostre allocazioni: più a lungo durerà il conflitto più l'economia mondiale sarà vulnerabile, con il rischio che scivoli in un circolo vizioso. Pertanto, abbiamo posizionato i portafogli in maniera molto bilanciata. La nostra strategia multi-asset deve fronteggiare le nuove incognite e restare flessibile.

Un rallentamento della crescita globale accompagnato da un'inflazione pericolosamente elevata

La guerra tra Russia e Ucraina ha numerose ripercussioni a molteplici livelli. Innanzitutto, è senza dubbio una tragedia umana per l'Europa orientale. Dopo più di due settimane di combattimenti, è probabile che gli effetti economici e geopolitici si diffondano oltre i confini europei, poiché il conflitto sta ridefinendo l'ordine mondiale che perdurava dalla caduta del muro di Berlino.

Mentre l'economia globale si riprendeva dalla pandemia, con positive sorprese sul fronte di crescita e inflazione generalmente favorevoli agli asset di rischio, è subentrato uno scenario molto più complesso.

Diverse variabili possono anticipare il circolo vizioso imputabile allo scontro armato:

  • l'Inflazione, attraverso crescenti prezzi delle materie prime compreso il commercio internazionale di energia, materiali e generi alimentari, con una riduzione del reddito disponibile reale e del potere di acquisto per le famiglie e dei margini per le società;
  • la crescita economica, tramite il canale dei beni intermedi, poiché il gas è parte integrante dei processi produttivi in molti settori, da sostanze chimiche, metalli di base, minerali non metallici (vetro, calcestruzzo, ceramica, ecc.) ad alimenti e bevande;
  • l'incertezza, con il rischio che un'escalation del conflitto e una ridefinizione dell'ordine mondiale si traducano in ricadute negative sulla fiducia di famiglie e imprese e un'intensa volatilità sui mercati finanziari;
  • le politiche monetarie delle banche centrali, con queste ultime chiamate ad adeguare la normalizzazione alle nuove sfide, che si sommano alle turbolenze sulle supply chain causate dal Covid e a mercati del lavoro rigidi.

Alcune sanzioni hanno messo d'accordo Stati Uniti, Unione europea e Regno Unito nell'ambito della loro risposta comune. Tra di esse figurano misure finanziarie, ad esempio il congelamento degli asset della banca centrale russa, limitandone la capacità di accedere a riserve per USD 630 miliardi e impedendo a persone e imprese di avere rapporti con la stessa, con il Ministero delle finanze e il Fondo per la ricchezza nazionale. Determinate banche russe sono state escluse dal circuito internazionale per i trasferimenti finanziari SWIFT. Sempre più società internazionali hanno sospeso gli scambi commerciali con la Russia o chiuso i negozi fisici. Non si segnalano finora impatti sulle importazioni di energia dell'UE, ossia non sono state applicate sanzioni né sono stati decisi tagli alle forniture come ritorsione. Tuttavia, il petrolio si è impennato raggiungendo livelli preoccupanti, con un conseguente forte rincaro dei prezzi alla pompa.

Le ripercussioni del conflitto saranno avvertite su scala planetaria e aumentano il rischio di una stagflazione, ossia un rallentamento della crescita globale accompagnato da un'inflazione pericolosamente elevata. Il circolo vizioso alimentato dalle carenze sulle supply chain e dai maggiori prezzi delle materie prime è ancora in corso e la guerra aggiunge un sostanziale rischio di rialzo per l'inflazione. Per affrontare la crisi, si assiste a un cambio di strategia sul versante della politica economica: mentre la politica monetaria viene inasprita per contenere le pressioni inflazionistiche, quella fiscale si prefigura come il principale strumento per garantire nei prossimi trimestri condizioni accomodanti.

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La volatilità azionaria è ora nel regime di crisi

Abbiamo identificato quattro regimi di volatilità (indice V2X) sul mercato azionario dell'eurozona: dal 2000 l'EURO STOXX 50 ha trascorso circa il 12% del tempo nel regime di volatilità più alto, ossia quello che denota una crisi. Siamo entrati in questo regime 14 giorni fa. Le attuali turbolenze sono già durate più a lungo della maggior parte degli episodi di volatilità osservati negli ultimi due decenni. Utilizziamo queste indicazioni, unitamente all'analisi tecnica e dei fondamentali, per valutare la gravità di una crisi sul mercato azionario.

Abbiamo notato che nell'eurozona l'uscita da un regime di crisi dopo un periodo troppo prolungato è seguita da una recessione economica.

Ovviamente, per quanto l'impatto del conflitto si farà sentire negli Stati Uniti, in Asia ed Europa, quest'ultima è più vulnerabile, data la sua dipendenza dalle importazioni di gas e petrolio dalla Russia e la sua vicinanza all'Ucraina. Questo spiega la divergenza delle performance azionarie tra le varie regioni, con l'UE maggiormente penalizzata.

Il sentiment del mercato patisce le prospettive di politiche monetarie più restrittive e i recenti sviluppi geopolitici, ma il posizionamento degli investitori non suggerisce ancora un pessimismo estremo. In termini di flussi nei fondi comuni, alcune componenti risultano sotto pressione, ad esempio i mercati del credito, che registrano la nona settimana consecutiva di importanti deflussi dalle obbligazioni IG e HY, e le azioni europee, oggetto dei disimpegni più significativi dai fondi comuni long-only mai registrati (USD 20 miliardi nelle scorse 2 settimane).

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La nostra attuale strategia multi-asset

Le forti oscillazioni dei dati economici e sull'inflazione impongono attualmente un'asset allocation bilanciata, con la possibilità di adeguarla in modo dinamico. La nostra strategia multi-asset ha iniziato a considerare le tendenze "di stagflazione" e un contesto segnato da un'intensa volatilità. Poniamo l'accento sulla necessità di essere cauti e pazienti.

Manterremo un posizionamento azionario neutrale, con una certa esposizione alle materie prime, oro compreso. Disponiamo di coperture tramite derivati per proteggere parte delle nostre esposizioni azionarie statunitensi e siamo posizionati per sfruttare un potenziale rimbalzo delle azioni europee svalutate.

Da una prospettiva storica, una congiuntura caratterizzata da sorprese positive sul piano dell'inflazione e negative per la crescita è favorevole agli asset reali, ma potrebbe rivelarsi difficile per i mercati finanziari, poiché le banche centrali iniziano ad affrontare tale problematica. Di norma, in questo scenario i titoli di alta qualità / a basso rischio come pure i settori sanitario ed energetico sovraperformano.

Di conseguenza, ci concentriamo sul rafforzamento della nostra esposizione ai settori difensivi e ai titoli di qualità nei seguenti ambiti: materiali, energia, industriale e sanità. Questi settori sono infatti destinati a beneficiare della risposta politica ai crescenti prezzi delle materie prime, in particolare tramite l'emissione di obbligazioni per gli investimenti energetici e nella difesa dell'Unione europea.

Manteniamo pertanto l'esposizione alle tematiche a lungo termine che contribuiscono alla crescita, suscettibili di beneficiare delle spese in conto capitale per lo sviluppo di nuove fonti di energia sostenibile e pulita.

Alla luce dell'attuale quadro inflazionistico, continuiamo a privilegiare una duration breve nella nostra allocazione al reddito fisso, diversificando le obbligazioni indicizzate all'inflazione e generando carry tramite il debito emergente.

Riguardo alla nostra strategia valutaria, siamo esposti a CHF, JPY e USD che assolvono la loro funzione di beni rifugio.

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