I toni delle banche centrali si fanno leggermente più aggressivi

 

I mercati finanziari hanno registrato picchi di volatilità e performance perlopiù negative a settembre in quanto i toni delle banche centrali sono diventati leggermente più aggressivi sulla scia dell'aumento dell'inflazione. Nell'ultima comunicazione della Fed (e nella sessione di Q&A), infatti, Jerome Powell non ha solo indicato che il tapering inizierà a novembre, ma ha anche lasciato intendere che non sarà condizionato da migliori dati sull'inflazione o sull'occupazione. La Bank of England ha sorprendentemente indicato di voler aumentare i tassi prima ancora di lavorare al bilancio, mentre la BCE ha annunciato una riduzione del programma di acquisti di obbligazioni nel corso del quarto trimestre del 2021. Questo contesto di minore sostegno monetario ha dettato un lieve aumento dei tassi core, con il decennale USA che si è attestato intorno all'1,5% e quello tedesco al -0,1% (rispetto all'1,3% e al -0,4% rispettivamente) alla fine di agosto. Alla volatilità si sono aggiunti i timori in merito a un eventuale default di Evergrande Group, società immobiliare cinese (nonché il secondo maggiore promotore immobiliare al mondo) i cui problemi pesano sull'intero settore e sui finanziari, come il segmento assicurativo. Sul fronte macroeconomico, le catene di approvvigionamento risentono sempre più dei problemi di trasporto (ingorghi portuali), aumento della domanda e timori sulle varianti del COVID. Infine, sembra improbabile un ulteriore sostegno fiscale dato lo stallo politico in merito alla proposta di bilancio "Build Back Better" del presidente americano Joe Biden. In tale scenario le asset class globali hanno registrato rendimenti negativi nel mese in esame, in particolare obbligazioni convertibili, azioni e debito dei mercati emergenti. Anche i segmenti investment grade e high yield hanno faticato, soprattutto l'immobiliare e i trasporti, mentre i finanziari hanno resistito meglio. Non sorprende che lo squilibrio tra domanda e offerta abbia indotto un rialzo dei prezzi delle materie prime, con il petrolio che ha registrato rendimenti a due cifre e il gas naturale che evidenzia ancora la migliore performance da inizio anno.

La nostra analisi del ciclo di attività continua a indicare un quadro discreto per i Paesi del G4, pur evidenziando una riduzione del momentum (in particolare negli Stati Uniti) poiché Paesi come il Regno Unito e il Giappone arrancano sul fronte della ripresa economica. Il ciclo dell'inflazione, per contro, registra ingenti progressi in tutti i Paesi del G4, anche se al momento la crescita dei salari non è contemplata nel quadro dell'inflazione globale. Per quanto riguarda il ciclo monetario, in linea con quanto affermato in precedenza, si ravvisa l'avvio di una normalizzazione della politica, con previsioni di tassi più elevati per il G4 e livelli lievemente minori di acquisti di obbligazioni (QE). A livello globale aumenta il numero di banche centrali che effettuano un aumento dei tassi (soprattutto nei ME).

 

Posizione maggiormente negativa sui tassi USA e sull'area del dollaro; avvio di una posizione long sui breakeven in AUD

Il ciclo economico ha subito un certo rallentamento negli Stati Uniti, soprattutto a causa del rallentamento del ciclo dei consumi (vendite al dettaglio e all'ingrosso) e della stagnazione del ciclo del lavoro. Si ravvisa, tuttavia, una certa ripresa nei tassi di disoccupazione, che sembrano aver raggiunto i livelli pre-COVID. La ripresa del tasso di partecipazione, però, risulta più lenta e il dato sui posti di lavoro non agricoli ha nuovamente deluso. Il ciclo dell'inflazione rimane estremamente solido, sostenuto da tutti i segmenti eccetto i mercati del lavoro (salari) che rimangono l'elemento più debole. Anche su questo fronte, però, si osserva un po' di ottimismo dato che gli indicatori delle piccole imprese evidenziano un sostanziale miglioramento. Sul fronte monetario, i dot plot indicano un rialzo entro il 2022 (anche se con il limitato margine di 1 voto), mentre per il 2024 sono ancora previsti altri sette rialzi. Per quanto concerne il posizionamento di mercato, le posizioni short precedentemente ridotte sui tassi USA (in particolare sulla componente a 2-5 anni) sono state riportate al livello precedente, anche se il posizionamento a 10 anni rimane long. Dato il contesto, manteniamo una posizione short sui tassi USA, in particolare sul tratto finale della curva (30 anni).

Riconfermiamo l'esposizione negativa sui tassi neozelandesi vista la presenza di maggiori dati economici favorevoli e il ridimensionamento del supporto monetario sotto forma di riduzione degli acquisti di asset da parte della banca centrale. Nel breve termine la curva dovrebbe ulteriormente irripidirsi. La banca centrale australiana ha indicato che intende mantenere immutato sino al febbraio del 2022 il nuovo tasso ridotto del QE, ma la copertura dei vaccini è migliorata e la riapertura di alcune regioni è imminente. Manteniamo quindi una posizione negativa sui tassi australiani. Confermiamo inoltre la posizione long sulle obbligazioni indicizzate all'inflazione del Paese. Il ciclo dell'inflazione evidenzia un notevole rimbalzo e la tendenza rialzista potrebbe proseguire. Le aspettative di inflazione in merito all'AUD per il terzo trimestre sono scese a causa dei lockdown, ma molte notizie negative sono ormai scontate. Per quanto concerne le valutazioni, i breakeven australiani paiono alquanto economici (in particolare rispetto agli Stati Uniti). Infine, il QE australiano non ha interessato le obbligazioni indicizzate all'inflazione pertanto il tapering non dovrebbe avere lo stesso impatto tecnico negativo. Presentiamo inoltre un sottopeso sui tassi canadesi poiché prevediamo solidi dati sul mercato del lavoro e aumento dell'inflazione dato il rimbalzo dei mercati delle materie prime e l'annuncio della banca centrale in merito alla riduzione del programma di QE.

 

Posizione short sui tassi tedeschi, aumento della posizione long sui breakeven in EUR

Il quadro generale appare meno negativo per l'Eurozona rispetto ad altre aree del G10, grazie soprattutto alla politica monetaria e alla dinamica dei flussi. La BCE ha deciso all'unanimità di rallentare gli acquisti del PEPP nel quarto trimestre, rimandando a dicembre 2021 eventuali decisioni in merito alla politica monetaria e a importanti cambiamenti. Nonostante l'aumento dell'inflazione, il consiglio direttivo continua a ritenere che si tratti di un fenomeno temporaneo. Nelle sue nuove previsioni di inflazione per il 2023, infatti, il dato rimane nettamente al di sotto del 2% (1,5%), pertanto i programmi di QE dovrebbero rimanere considerevoli e fornire sostegno. Per quanto concerne le dinamiche dell'offerta, i flussi risultano negativi poiché alcuni Paesi hanno già raggiunto buona parte dei loro obiettivi in merito, il che risulta positivo per i mercati obbligazionari in euro in termini relativi. Inoltre, nonostante i minori acquisti della banca centrale, nel 2022 il calo delle emissioni di titoli di Stato europei dovrebbe contribuire a mantenere i flussi netti leggermente negativi. Il deciso allentamento della BCE nonché il sostegno fiscale hanno portato a un forte rimbalzo dell'attività nell'Eurozona, che dovrebbe proseguire per il resto del 2021. Monitoriamo il posizionamento degli investitori, che evidenzia un modesto aumento della duration lunga mentre l'esposizione non core è diminuita. Infine, sul fronte politico, le elezioni tedesche potrebbero portare a una coalizione "semaforo" tra SPD (socialdemocratici), FDP (liberali) e Verdi. Nel complesso, alla luce del miglioramento dei dati sulla crescita e sull'inflazione, prevediamo un aumento dei tassi core, soprattutto a fronte delle loro valutazioni estremamente poco appetibili, il che giustifica la nostra posizione negativa. I mercati non core/periferici continuano a essere sostenuti dalla politica monetaria della BCE e dalla maggiore solidarietà europea.

Abbiamo incrementato la posizione positiva sui breakeven dell'UE tramite posizioni long sui titoli indicizzati a 5 anni francesi e tedeschi. L'inflazione è in aumento e prevediamo che tale tendenza prosegua nel quarto trimestre, portando a un carry più elevato sulla posizione long, a tutto vantaggio dell'asset class. La performance è risultata estremamente solida e la maggior parte dei fattori trainanti rimangono positivi. Rimaniamo quindi positivi sui breakeven, in particolare sulla componente a 5 anni, tenendo conto delle valutazioni, delle dinamiche dell'inflazione a breve termine, del carry, del nostro modello di breakeven e della politica monetaria.

 

Valute: prese di profitto nella posizione long sulla NOK

Confermiamo la posizione long sulla NOK, poiché la Norges Bank ha adottato un atteggiamento aggressivo dopo che l'output gap è tornato in territorio positivo e sono emersi rischi di squilibri finanziari a causa dei tassi d'interesse ridotti, aprendo la strada a un potenziale rialzo del costo del denaro entro fine anno. Tuttavia, il percorso dei tassi e la buona ripresa dell'economia norvegese sono ben scontati, quindi preferiamo effettuare prese di profitto.

 

Credito: predilezione per l'investment grade e le obbligazioni convertibili europee

IG europeo: Manteniamo una posizione positiva sull'IG europeo, con una predilezione per i finanziari. Alcuni venti contrari potrebbero mettere in discussione l’attuale contesto economico. Con il raggiungimento di un punto di svolta nella politica monetaria e poiché le pressioni inflazionistiche potrebbero estendersi più del previsto, le banche centrali saranno forse obbligate ad anticipare l’azione. Inoltre, il rallentamento in Cina e la politica normativa del Paese potrebbero creare incertezze e far deragliare la traiettoria di crescita globale. Continuiamo tuttavia a favorire il credito IG EUR nell’ambito dell’universo complessivo in euro, perché dovrebbe beneficiare della politica ancora accomodante della BCE, di fattori tecnici favorevoli e della buona qualità creditizia. Ma la dispersione è in aumento tra i profili degli emittenti, perché le società stanno agendo in maniera diversa. Alcune beneficiano del potere di determinazione dei prezzi, altre stanno consolidando il loro posizionamento settoriale tramite acquisizioni, altre ancora sono penalizzate dall’aumento dei costi. Resta fondamentale essere selettivi, tramite la nostra rigorosa analisi interna di tipo bottom-up. I finanziari rimangono un'asset class interessante, relativamente immune alla scarsità dell'offerta e alla crisi energetica. In termini assoluti, le valutazioni sono onerose ma dati i tassi reali europei in territorio estremamente negativo e la mancanza di offerta, gli investitori non hanno altra scelta che far fruttare i loro rendimenti.

HY europeo: Abbiamo osservato un certo repricing nel segmento, anche se riteniamo che sia troppo presto per diventare positivi sull'asset class sulla base di valutazioni che non proteggono ancora adeguatamente contro la volatilità dei tassi. Inoltre, il contesto tecnico non è favorevole per l'high yield europeo. Da inizio anno l'offerta netta è positiva, 89 miliardi di euro, e potrebbe aumentare fino a 120 miliardi. Preferiamo quindi adottare una posizione sottopesata in attesa di migliori punti di ingresso.

IG USA: Manteniamo una visione neutrale sull'IG USA, mercato che risulta il più oneroso dal punto di vista delle valutazioni. Inoltre, data la prevista svolta più aggressiva della FED, il sostegno monetario dovrebbe essere inferiore rispetto al passato. Rimaniamo sottopesati sull'HY USA. Sebbene le nostre aspettative sugli utili del credito USA rimangano solide, prevediamo una maggiore dispersione in futuro a causa dell'inflazione dei costi di produzione e del mondo del lavoro, nonché delle interruzioni nelle catene di approvvigionamento. Ciò potrebbe ampliare il gap tra società con un alto potere di determinazione dei prezzi e quelle che invece ne presentano poco. L'offerta netta è positiva e il rischio di rifinanziamento da fusioni e acquisizioni potrebbe estendere l’offerta attesa.

Riteniamo inoltre che le obbligazioni convertibili in euro dovrebbero beneficiare di dinamiche positive come il Next Generation EU e il venir meno della variante delta. Notiamo tuttavia che, nonostante la dinamica meno favorevole, le valutazioni europee risultano ancora interessanti, sicuramente in un contesto di pressioni inflazionistiche.

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