Greenflation: un costo equo o un ostacolo?

L’aumento dell’inflazione ha ancora una volta evidenziato la questione dei costi e dei benefici connessi alla lotta ai cambiamenti climatici. I consumatori, le imprese, gli investitori e i governi stanno pesando i pro e i contro di questo dilemma: pagare di più oggi, per un domani più sostenibile. Mentre il dibattito infuria, non vi è alcun dubbio che l’inazione, evitando i costi dell’azione, produrrà oneri umani e finanziari molto più elevati.

L’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), che nel corso degli anni ha fornito prove definitive che i cambiamenti climatici causano eventi meteo più estremi, ha sottolineato l’urgenza di effettuare tagli drastici alle nostre emissioni di gas serra1. Questa riduzione richiederebbe un passaggio dai combustibili fossili alle fonti di energia rinnovabili, e una transizione verso un’economia basata su un modello circolare dell’utilizzo dei materiali2. In più, questo cambiamento dovrà coinvolgere non solo tutti i settori, ma dovrà avvenire anche in tempi molto rapidi.

Nell’ultimo anno, gli esperti del mercato hanno cercato di capire in che misura la ripresa dell’inflazione fosse dovuta alla spesa per un mondo più “green”. Sono stati presi in considerazione e pesati vari fattori inflattivi e si è discusso con crescente frequenza di temi come le “greenflation” e il “greenium”. Sono state poste domande sul prezzo che tutti ci aspettiamo di pagare per la transizione verso un’economia diversa e più sostenibile e un nuovo stile di vita. E ci siamo chiesti se questo costo fosse eccessivo. 

Che cos’è?

Per citare Bill Gates e il suo recente libro “Clima: come evitare un disastro”, un “Green premium” (o “greenium”) è “[la] differenza di costo tra un prodotto che comporta l’emissione di CO2 e un’alternativa senza emissioni”. La teoria sottolinea che la transizione da carbone, petrolio e gas (combustibili fossili) a energia rinnovabile, l’adozione di veicoli elettrici e di treni e navi a idrogeno, insieme a nuovi tipi di isolamento degli edifici, comporteranno costi significativi. A sua volta, secondo questa scuola di pensiero, questa spesa supplementare tesa a conseguire gli obiettivi Net Zero è destinata a provocare un aumento dell’inflazione.

La “greenflation” è responsabile dell’attuale aumento dell’inflazione?

Si tratta di una questione complessa, ma la “greenflation” non è il fattore principale.

Le perturbazioni delle supply chain legate al COVID hanno determinato l’aumento dei prezzi di un’ampia gamma di materie prime e beni di consumo. Anche se è difficile prevedere la traiettoria dell’inflazione, soprattutto alla luce dell’imprevedibile andamento della pandemia COVID-19, riteniamo che l’inflazione tenderà a calare, man mano che le strozzature della supply chain scompariranno gradualmente, che i mercati fisici e la domanda e l’offerta si adatteranno e che i prezzi scenderanno, rispecchiando tale processo.

Se consideriamo la transizione energetica in una prospettiva di più lungo termine, essa comporterà inevitabilmente picchi di prezzo per alcune materie prime. Fra queste ci sono i minerali rari necessari per i vari impianti, macchinari e infrastrutture richiesti per l’elettrificazione dell’economia. Questo tipo di inflazione sarà sostanzialmente legato a difficoltà iniziali: è infatti probabile che il passaggio verso un’economia più circolare ed efficiente dal punto di vista energetico si riveli difficile a causa dei vincoli temporali.

Perché? Se la regolamentazione e la politica in materia ambientale saranno pianificate e comunicate in modo adeguato, con debito anticipo sulla fase di implementazione, tali perturbazioni non dovrebbero a nostro avviso avere un impatto duraturo sui prezzi delle materie prime e dei prodotti finiti, nel complesso. È importante sottolineare che questi cambiamenti sono relativi, pertanto la domanda di una materia prima potrebbe avere un impatto negativo sui prezzi di altre. L’impennata dei prezzi del rame è dovuta a una chiara tendenza all’elettrificazione. Questa stessa tendenza rende alquanto fosche le prospettive a lungo termine del petrolio.

Tuttavia, in particolare durante la conferenza COP26 di Glasgow, è diventato chiaro che i governi e le imprese non si sono mossi finora abbastanza velocemente. Inoltre, se vogliamo recuperare il ritardo, non ci sarà il tempo di attendere una ripresa dell’offerta di materie prime, in modo che possa soddisfare comodamente la richiesta prevista, o che tutti concordino una tabella di marcia ideata, o che legislatori e regolatori possano elaborare uno schema attentamente ponderato, che copra tutti gli aspetti della nuova economia. Se vogliamo evitare che i cambiamenti climatici diventino veramente catastrofici e irreversibili, il mondo dovrà muoversi rapidamente. Ciò significa che dovremo gestire le nostre aspettative rispetto alla “comodità” della transizione.

Qual è l’alternativa?

I costi dell’inazione ricadranno principalmente sulla prossima generazione, ma sono difficili da immaginare. In parte perché il cambiamento climatico richiederà inevitabilmente un costo umano enorme. Già oggi, gli eventi meteorologici estremi hanno un costo economico e finanziario impressionante per i governi di tutto il mondo. Negli ultimi anni, abbiamo già visto alcuni dei peggiori esempi di catastrofe climatica in California, Australia, Canada, Alaska e, solo pochi giorni fa, i danni prodotti da tornado mortali negli Stati Uniti. I costi di tali eventi ammontano già a centinaia di miliardi di dollari, assicurati e non assicurati.

Secondo i peggiori scenari futuri, vaste aree del pianeta diventeranno inabitabili, a causa del caldo e della distruzione della flora e della fauna. Questi mutamenti provocheranno migrazioni di massa delle popolazioni superstiti verso “aree sicure” già sovrappopolate, con il rischio di nuovi conflitti, guerre e distruzioni.

La strada verso Net Zero è fatta solo di costi?

Nonostante tutte le sfide che ci attendono se agiamo in tempo, non dobbiamo dimenticare che il passaggio a un’economia circolare, più efficiente dal punto di vista energetico, creerà un’ampia gamma di sviluppi positivi. Sviluppi che riguarderanno la regolamentazione, le tendenze sociali e l’evoluzione del comportamento dei consumatori, presenteranno chiare opportunità di investimento a lungo termine per i gestori di portafoglio e avranno molte ramificazioni positive in tutti i settori dell’economia globale.

Un’elevata “greenflation” è inevitabile?

L’esempio dell’energia rinnovabile ci fa seriamente dubitare che la “greenflation” sarà una sfida irrisolvibile. Negli anni successivi alla crisi finanziaria globale, quando le istituzioni come l’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) hanno delineato le proprie previsioni per il raggiungimento della “grid parity”, l’obiettivo temporale stimato era il 2025-2030. La realtà si è tuttavia dimostrata molto diversa. In molte regioni del mondo, l’energia rinnovabile ha raggiunto la “grid parity” solo cinque anni dopo. Ciò è dovuto al fatto che gli incentivi dei governi hanno consentito un rapido cambiamento di scala: mentre il cambiamento ha influito sui prezzi dei combustibili fossili e ha spinto l’inflazione verso l’alto in alcune aree dell’economia, in altre aree ha portato a un calo dell’inflazione. E il risultato finale può essere facilmente letto come un’assenza di crescita globale dell’inflazione.


1 https://www.ipcc.ch/2021/08/09/ar6-wg1-20210809-pr/
2 https://ellenmacarthurfoundation.org/topics/circular-economy-introduction/overview

  • Wim Van Hyfte
    Wim Van Hyfte, PhD
    Global Head of Responsible ESG Research & Investments, Member of the Executive Committee

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