
Nei mercati dei tassi, agosto e la prima settimana di settembre sono stati caratterizzati da una notevole decorrelazione su entrambe le sponde dell'Atlantico. Mentre i tassi in euro si sono mossi lateralmente, i rendimenti dei Treasury sono diminuiti in modo significativo, soprattutto nel tratto a breve della curva. Questa variazione e l'irripidimento della curva riflettono un mercato del lavoro più debole, accelerando le aspettative di un taglio dei tassi da parte della Fed. Gli attacchi alla Fed dell'amministrazione Trump, che spinge per un tasso di riferimento più contenuto, hanno probabilmente amplificato questo movimento. Per contro, nella parte a lunghissima scadenza della curva dei Treasury, il rendimento a 30 anni ha esibito oscillazioni molto più contenute, restando ancorato alle aspettative di crescita nominale a lungo termine (PIL reale e inflazione). Indipendentemente dalle intenzioni dell'amministrazione, in assenza di un controllo diretto della curva o di una recessione, i tassi a lungo termine si riveleranno probabilmente resistenti alla politica monetaria.
Nell'Eurozona, data la calma sui mercati dei tassi, è lecito affermare che la BCE è riuscita a realizzare un "atterraggio morbido". Nonostante le variazioni regionali, la crescita complessiva del PIL è ancora positiva, il mercato del lavoro non ha sofferto e l'inflazione è tornata in linea con l'obiettivo. L'incertezza politica in diversi paesi, la guerra in corso in Ucraina e il conflitto commerciale con gli Stati Uniti hanno verosimilmente oscurato questo risultato positivo della politica economica. I mercati stanno ora decidendo se decretare la fine del ciclo di tagli, con un tasso di riferimento al 2%. Questo livello offre ancora alla BCE un certo margine di manovra per procedere a ulteriori tagli qualora l'attività rallentasse più del previsto a causa dello shock legato ai dazi. Ciononostante, siamo ora giunti a un punto in cui alcuni economisti anticipano già i primi rialzi dei tassi verso la fine del prossimo anno.
Le asset class con spread, siano esse investment grade o high yield, crediti o titoli sovrani dei mercati emergenti, denominate in USD o in EUR, mostrano tutte una tendenza molto simile, con i premi al rischio in calo per tutto agosto e in leggero aumento a settembre. A nostro avviso, ciò dimostra che al momento la performance di tali asset class è senza dubbio prevalentemente guidata dai flussi. Ovviamente, il contesto macro complessivo è piuttosto favorevole per tutte queste asset class, con una crescita globale ancora presente e un contesto dei tassi più propizio. Detto questo, a nostro parere i movimenti pressoché paralleli degli spread tra queste asset class non sono del tutto giustificati. In particolare, osserviamo una divergenza tra la direzione presa dagli emittenti high yield e quella degli omologhi investment grade. Mentre l'investment grade continua a registrare miglioramenti dei parametri di credito generali, nell'high yield si verifica il contrario. In altre parole, i due segmenti si stanno allontanando sempre più l'uno dall'altro. I tassi più contenuti e il continuo interesse per il credito hanno probabilmente indotto alcuni emittenti ad adottare politiche più favorevoli agli azionisti a scapito dei creditori: più dividendi, riacquisti e attività di M&A.
Stati Uniti: il mercato del lavoro detta la performance a breve e medio termine dei Treasury USA
Riteniamo che la probabilità di un marcato rallentamento dell'economia statunitense sia in forte crescita. Il mercato del lavoro sta peggiorando rapidamente, con i dati sull'occupazione che mostrano significative revisioni al ribasso. Sebbene alcuni indicatori, come la stima GDPNow della Fed di Atlanta e alcuni indici ISM, continuino a segnalare una certa resilienza, la tendenza generale è quella di un indebolimento. Il rallentamento riguarda al momento soprattutto le assunzioni anziché i licenziamenti, ma la storia ci insegna che questi ultimi spesso seguono a stretto giro una battuta d'arresto delle assunzioni. Se la crescita dell'occupazione continua a essere stagnante, la domanda interna potrebbe affievolirsi ulteriormente.
Gli Stati Uniti mantengono un rating positivo nel nostro quadro di riferimento, ma il profilo di rischio/rendimento assume contorni più sfumati. I Treasury hanno già sovraperformato e ora stiamo cercando un buon livello per incamerare profitti sulla nostra posizione long, preservandola finché lo slancio permane favorevole. Continuiamo a preferire i Treasury a duration più breve, alla luce sia di considerazioni valutative sia dell'incertezza che circonda le politiche.
In uno scenario alternativo in cui la crescita rimane solida, ci aspetteremmo un aumento dei tassi di interesse a lungo termine rispetto agli attuali livelli. Tuttavia, il nostro scenario di base indica ora una traiettoria più moderata. La Federal Reserve ha assunto una posizione più accomodante e il presidente Powell ha riconosciuto che l'equilibrio dei rischi è cambiato. I mercati scontano tre tagli quest'anno, con un tasso terminale previsto intorno al 3%. Riteniamo che ciò lasci un certo margine per ulteriori cali dei rendimenti, in particolare rispetto ad altri mercati sviluppati.
Siamo consapevoli che l'inflazione continua a destare preoccupazioni. Nei prossimi mesi i dazi dovrebbero spingere al rialzo l'IPC. Sebbene i dati recenti segnalino un'ascesa dell'inflazione inferiore alle attese, le correlazioni storiche con l'indice ISM - Services Prices Paid suggeriscono che sono possibili ulteriori incrementi. Le aziende potrebbero anche aver accettato margini più bassi subito dopo l'introduzione dei dazi, preferendo proteggere la propria quota di mercato ed evitando di essere le prime ad aumentare i prezzi. La Fed sembra disposta a tagliare i tassi nonostante le condizioni finanziarie favorevoli, il che solleva interrogativi sulla sua indipendenza e sulle relative politiche.
Regno Unito: divergenze e debolezza dei consumi
Manteniamo un giudizio positivo sul Regno Unito, ma il panorama è contrastante. La Banca d'Inghilterra ha nuovamente tagliato i tassi ad agosto, con una maggioranza esigua a favore di tale intervento. I consumi britannici restano molto più deboli rispetto ad altre regioni, sotto il peso di fattori negativi sia strutturali che ciclici.
Le attese di ulteriori tagli sono limitate rispetto agli Stati Uniti, rendendo il Regno Unito un caso anomalo. Questa divergenza è in parte ascrivibile all'accelerazione delle aspettative di tagli negli Stati Uniti, assente sui mercati britannici. In alcuni portafogli deteniamo posizioni a lunga duration, in altri restiamo short sulla sterlina.
Le sfide fiscali ed economiche continuano a pesare sul sentiment nei confronti del Regno Unito. La combinazione di consumi modesti, allentamento monetario limitato e incertezze globali più ampie suggerisce che il Regno Unito continuerà ad accumulare ritardi in termini di crescita, anche se i rendimenti dei Gilt rimarranno sostenuti dai trend dei tassi globali.
Eurozona: crescita contenuta, rischi politici e politica della BCE
Il nostro scenario centrale per l'Eurozona rimane quello di una crescita debole, senza una recessione conclamata ma con una probabilità non trascurabile che questa si verifichi. La domanda interna rallenta e, sebbene i recenti dati sui PMI mostrino un leggero miglioramento, il contesto generale permane depresso. I dazi avranno probabilmente un impatto negativo, anche se i piani di investimento tedeschi potrebbero in parte compensarlo.
Prevediamo che la Banca centrale europea manterrà il tasso di deposito al 2% almeno fino a dicembre. L'inflazione è leggermente superiore al 2%, ma dovrebbe scendere al di sotto di tale livello all'inizio del 2026. La probabilità di un ulteriore declino dell'inflazione resta elevata e la BCE difficilmente interverrà prima delle prossime previsioni dello staff a dicembre, salvo in presenza di un significativo cambiamento delle prospettive economiche. Nel complesso, riteniamo che i tassi dell'Eurozona siano valutati in modo equo e riteniamo ci siano pochi catalizzatori capaci di innescare una sostanziale variazione parallela. Pertanto, al momento preferiamo attuare le nostre visioni attive sulla curva e a seconda dei singoli paesi.
Dal punto di vista della curva, manteniamo ancora una posizione steepener 10-30, sostenuta dalle riforme pensionistiche olandesi e dalla maggiore offerta tedesca. Gli investitori olandesi rappresentano attualmente una percentuale di acquirenti obbligazionari molto superiore rispetto alla quota nel PIL dell'Eurozona, il che amplifica notevolmente l'impatto della variazione. Nello specifico, il passaggio dai regimi a benefici definiti a quelli a contribuzione definita consente ai fondi pensione di ridurre l'esposizione alle obbligazioni a lungo termine, che in precedenza dovevano detenere in volumi elevati per soddisfare i requisiti attuariali di corrispondenza tra attività e passività.
In termini di preferenze nazionali, manteniamo un sovrappeso su Spagna, Bulgaria e Slovenia, mentre adottiamo un approccio cauto sulla Francia. Quest'ultimo paese rimane un chiaro anello debole, con PMI inferiori a 50 e un clima di incertezza politica dopo che il primo ministro Bayrou non ha ottenuto la fiducia del parlamento. Prevediamo che il presidente Macron nominerà un nuovo primo ministro con un programma di politica fiscale meno ambizioso. Questa instabilità aumenta il rischio di un downgrade del rating sovrano e potrebbe portare a un ulteriore ampliamento degli spread degli OAT, al momento intorno a 75 punti base. La situazione di bilancio francese è complessa, con la prima bozza del bilancio 2026 prevista per l'8 ottobre. La mancata approvazione di un nuovo bilancio comporterebbe il rinnovo di quello del 2025, il che, in realtà, non sarebbe catastrofico poiché scatterebbero automaticamente alcuni tagli.
Mercati emergenti e strategia valutaria
Gli asset dei mercati emergenti hanno conseguito solide performance da inizio anno, con in particolare il debito in valuta locale che ha beneficiato della debolezza del dollaro statunitense e delle favorevoli condizioni finanziarie globali. L'orientamento accomodante della Federal Reserve e il calo dei rendimenti dei Treasury USA hanno creato un quadro propizio, contribuendo a proteggere i mercati emergenti da potenziali ampliamenti degli spread.
Nel debito in valuta locale abbiamo osservato forti rendimenti assoluti, anche se negli ultimi mesi gli spread rispetto ai Treasury USA si sono leggermente ampliati. La debolezza del dollaro, gli elevati rendimenti reali in molte economie emergenti e il fatto che la maggior parte delle banche centrali in tali paesi, eccetto quelle dell'Europa emergente e cinese, disponga ancora di ampi margini per tagliare i tassi di interesse, avvalorano la nostra posizione costruttiva. Anche i fattori tecnici sono favorevoli, con robusti afflussi da parte di investitori alla ricerca sia di rendimento che di esposizione valutaria. Il principale rischio per questa asset class rimane la volatilità valutaria, soprattutto nei mercati con saldi esterni più deboli o maggiore incertezza politica.
Anche il debito in valuta forte si è comportato bene, ma gli spread si sono notevolmente ridotti e ora si attestano a livelli storicamente bassi. Sebbene le obbligazioni in hard currency offrano ancora un modesto aumento del rendimento rispetto al credito corporate statunitense, il vantaggio è ora sostanzialmente in linea con le medie storiche, il che ridimensiona la possibilità di un'ulteriore compressione degli spread. Gli afflussi nei bond hard currency rimangono positivi, ma le valutazioni limitano il potenziale di rialzo. Gli spread contratti non offrono molte protezioni contro shock idiosincratici o un'inversione del sentiment di rischio globale, rendendo particolarmente importanti la selettività e la valutazione della qualità creditizia.
Le valute dei mercati emergenti hanno conseguito pregevoli performance, sostenute dal positivo sentiment di rischio globale, dall'elevato carry e dai vantaggiosi differenziali dei tassi di interesse. Riteniamo che le valute con fondamentali solidi e contesti di politica favorevoli offrano le migliori opportunità ed evitiamo quelle esposte a instabilità politica o squilibri con l'estero. L'interazione tra le valute dei mercati emergenti e il debito in valuta locale resta un fattore chiave poiché, nel segmento del debito locale, la performance delle valute può migliorare o erodere in modo significativo i rendimenti totali.
Strategia valutaria: restiamo cauti sul dollaro USA
Nelle ultime settimane i mercati valutari dei paesi sviluppati sono stati influenzati dalle traiettorie divergenti delle politiche monetarie e da un instabile sentiment di rischio. Nel complesso, il dollaro USA si è leggermente indebolito, anche se durante l'estate si è attenuata la pressione alla vendita prevalente all'inizio dell'anno. Lo spread dei tassi di interesse tra l'euro e il dollaro USA è tornato a essere un driver determinante per i tassi di cambio. Il ritmo dei tagli dei tassi americani sarà il fattore chiave per la performance a medio termine. È importante notare che l'amministrazione Trump, la quale sembra esercitare un'influenza crescente sulla Fed, ha una chiara e dichiarata preferenza per un dollaro più debole. Pertanto, non possiamo aspettarci alcun sostegno di politica a favore del biglietto verde.
Continuiamo a preferire lo yen nell'ambito di posizioni long rispetto al dollaro. La correlazione dello yen con i differenziali dei tassi di interesse sostiene questa visione e funge anche da copertura difensiva nelle fasi di risk-off con un ribasso limitato. Privilegiamo anche la corona norvegese rispetto all'euro e alla sterlina. Il taglio a sorpresa dei tassi da parte della Norges Bank a giugno ha inizialmente indebolito eccessivamente la corona, ma la successiva resilienza economica suggerisce che, d'ora in avanti, la banca centrale procederà con cautela, sostenendo potenzialmente la valuta. Al contrario, siamo ribassisti sulla sterlina alla luce delle sfide fiscali ed economiche che il Regno Unito è chiamato ad affrontare. La sterlina rimane sensibile agli sviluppi politici interni e alle aspettative sui tassi di interesse.
Mercati del credito: investment grade, high yield e obbligazioni convertibili
La recente volatilità degli spread creditizi, legata in particolare all'incertezza politica in Francia, ha fatto emergere opportunità di acquisto selettive. Nell'investment grade in euro (EUR IG), abbiamo approfittato del leggero ampliamento degli spread, che ci ha indotto a rivedere al rialzo la nostra visione sulla asset class. I fondamentali restano favorevoli, con più upgrade che downgrade in tutta Europa e nessun evento creditizio di rilievo. L'offerta è stata abbondante, soprattutto ad agosto, trainata in parte dalle emissioni "Reverse Yankee", ovvero società statunitensi che attingono ai mercati obbligazionari in euro, ma è stata adeguatamente assorbita dai solidi afflussi.
Per contro, l'investment grade statunitense appare meno interessante. Le valutazioni sono elevate, con stime del fair value a lungo termine molto superiori agli spread attuali. Sebbene i fondamentali rimangano solidi, l'assenza di un significativo ampliamento degli spread limita le opportunità di rafforzare l'esposizione. I tagli fiscali potrebbero sostenere in una certa misura gli emittenti, ma l'IG in euro rimane la nostra scelta preferita grazie alle valutazioni più interessanti (alla luce di fondamentali migliori) e al sacrificio di carry che comporta coprire il credito in USD rispetto all'euro.
Nell'high yield il nostro approccio rispecchia quello dell'IG. Abbiamo rivisto al rialzo l'HY in euro a neutrale e innalzato anche l'HY statunitense, mantenendo però una visione leggermente negativa su quest'ultimo. La svolta accomodante della Fed, anche nei settori più colpiti dai dazi come il retail e l'automobilistico, avvalora una posizione più costruttiva. Tuttavia, riscontriamo anche segnali di un comportamento meno favorevole al credito, tra cui l'aumento delle attività di M&A, eccessivi dividendi e un deterioramento dei rating. La selettività è fondamentale, con una preferenza per gli emittenti che presentano solidi fondamentali.
Abbiamo anche rialzato a neutrale il mercato delle obbligazioni convertibili in euro e cercheremo di acquistare in caso di ribassi imputabili alla debolezza del mercato azionario. Le obbligazioni convertibili hanno sovraperformato le azioni da inizio anno, sostenute dalla forte performance dei titoli sottostanti e da afflussi costanti, in particolare nelle emissioni denominate in euro. Le valutazioni mostrano opportunità nelle obbligazioni convertibili con profili delta contenuti, ovvero gli strumenti con una bassa sensibilità azionaria e scambiati più vicini al "bond floor".