I rischi di coda recedono, ma permane l'incertezza

Molteplici rischi di coda si sono attenuati nelle scorse settimane, dando sollievo ai mercati finanziari: favorito dal minore rischio di un'escalation immediata in Medio Oriente, il prezzo del petrolio è notevolmente diminuito, evitando in tal modo un overshoot di rendimenti obbligazionari e dollaro USA. L'inflazione continua a scendere e nei prossimi 12 mesi dovrebbe avvicinarsi agli obiettivi delle banche centrali. Con l'incertezza che permane elevata, dagli sviluppi geopolitici alle potenziali vulnerabilità risultanti dalla stretta delle condizioni finanziarie, i rischi per le prospettive di crescita globale continuano però a tendere al ribasso.

Di conseguenza, riguardo alla nostra asset allocation estendiamo con maggiore convinzione la duration se riteniamo che il picco dei tassi di interesse delle principali banche centrali sia ormai alle spalle. Sul fronte del credito, siamo costruttivi sul segmento IG, una classe di asset resiliente sullo sfondo di un ciclo in rallentamento e che presenta uno dei migliori rapporti carry/volatilità. Al contrario, il premio per il rischio azionario non è al momento sufficientemente interessante da indurre gli investitori a riponderare la classe di asset, dati i rischi ribassisti identificati per i nostri scenari. 

 

Una desincronizzazione della crescita

La desincronizzazione della crescita prosegue. Alla luce della crescita osservata negli Stati Uniti, abbiamo rivisto al rialzo le nostre previsioni sull'attività economica nel 2023 e 2024 e anche l'inflazione mostra segnali incoraggianti. Le pressioni salariali sembrano infine recedere. In questo contesto, è probabile che la Fed mantenga "tassi elevati a lungo" pur non procedendo a ulteriori rialzi.

La crescita europea resterà probabilmente debole per la maggior parte del prossimo anno, mentre la disinflazione accelera: il tasso annuo di inflazione dei prezzi al consumo nell'eurozona è calato da un massimo pluridecennale del 10,7% nell'ottobre 2022 al 2,9% solo un anno dopo, a un passo dall'obiettivo della BCE. I decisori politici cercano però di ricordare agli investitori che l'"ultimo sforzo" è il più impegnativo. Questo andamento, tuttavia, toglie un po' di pressione alla BCE, che l'anno prossimo dovrebbe tornare ad avere, più rapidamente del previsto e se necessario, margini per un allentamento.

L'attività economica cinese ha mostrato qualche timido segno di stabilizzazione, mentre i prezzi mantengono una traiettoria deflazionistica. Questo denota chiaramente una debole domanda interna e una ripresa convincente potrebbe richiedere del tempo.

L'Europa resta fondamentalmente nella situazione più sfavorevole, con dati economici e sull'inflazione inferiori alle attese e quindi sorprese negative. All'inizio del quarto trimestre non solo le sorprese sulla crescita nell'EMU si sono confermate nettamente peggiori rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, ma quelle inflazionistiche hanno cambiato direzione nell'ultimo anno e sono ora sotto i livelli registrati negli Stati Uniti.

 

Una visione costruttiva sul fixed income

Presentiamo al momento una duration obbligazionaria lunga, essendo passati da un sottopeso a una posizione neutrale a marzo e a una duration lunga da aprile. Siamo certi che il nostro posizionamento rifletta il migliore punto di partenza, ossia un livello di rendimento interessante e prospettive per il prossimo anno più deboli sul mix di crescita/inflazione.

Il motivo alla base di tale posizionamento è semplice: sullo sfondo di un'attività economica e un'inflazione che rallentano, puntiamo a sfruttare l'ascesa di tassi di interesse e rendimenti obbligazionari.

La nostra allocazione sul fixed income nel 2023 è stata incentrata sulla ricerca di un maggiore rendimento del portafoglio attraverso il credito Investment Grade e la diversificazione nel debito dei mercati emergenti e nelle obbligazioni high yield.

Poiché i rendimenti dei titoli di Stato sono saliti a massimi pluridecennali sulla scia della stretta attuata dalle banche centrali, gli spread per la maggior parte degli strumenti fixed income sono vicini alla loro media di lungo periodo. Di conseguenza, sono stati ripristinati i rendimenti per un portafoglio bilanciato, che offrono una certa protezione oltre la volatilità a breve termine.

Attualmente, il rendimento a scadenza nel paniere dei fixed income in un portafoglio diversificato è pari a circa il 5%. Si tratta di una svolta significativa rispetto al passato: due anni fa, infatti, il rendimento a livello di portafoglio era prossimo allo zero.

 

Azioni relativamente meno interessanti

Le valutazioni azionarie sono state oggetto di adeguamenti ma restano contenute poiché, nonostante la stretta finanziaria di proporzioni storiche, ci si aspetta ancora una crescita positiva degli EPS e margini elevati. Inoltre, per le azioni sembra essere scontato un favorevole scenario di atterraggio morbido dell'economia statunitense, che limita ulteriori rialzi.

Più nello specifico, il profilo di rischio/rendimento non sembra particolarmente appetibile, in quanto il premio per il rischio azionario è al momento insufficiente per indurre gli investitori a riponderare la classe di asset.

Rispetto alla scorsa estate, vi sono degli sviluppi positivi: il rischio di un atterraggio duro e di un errore di politica monetaria è diminuito negli Stati Uniti e la situazione in Cina sembra stabilizzarsi. Anche i rischi di coda geopolitici appaiono contenuti sul breve termine.

D'altro canto, a nostro parere il potenziale di rialzo per le azioni è limitato e, nell'odierno contesto, il rendimento atteso non è abbastanza interessante se raffrontato a quello delle obbligazioni. Il consenso punta su una crescita degli utili pari al 5-10%, difficile da superare alla luce del previsto rallentamento dell'attività. Nel frattempo, la valutazione sconta già un calo dei tassi di interesse reali.

In termini di allocazione regionale, conserviamo un sottopeso sulle azioni dell'eurozona, essendo aumentata la probabilità di una contrazione dell'attività. Siamo neutrali rispetto agli Stati Uniti, al Giappone e ai mercati emergenti. Questi ultimi risultano infatti vulnerabili alla pressione dei tassi statunitensi e alle turbolenze dell'USD.

Da una prospettiva settoriale, manteniamo la nostra preferenza difensiva per la sanità e i beni di prima necessità. I ciclici scontano già un rimbalzo dell'attività, che appare prematuro considerando la fase economica, un rallentamento e banche centrali prossime alla fine della loro stretta. Infine, anticipando un graduale calo dei rendimenti obbligazionari e data la comprovata resilienza degli utili, abbiamo recentemente assunto una visione più costruttiva sul settore tecnologico statunitense.

 

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