Il credito e il debito emergente tengono il ritmo nel rally di fine anno

I mercati erano ansiosi di chiudere il 2023 con una nota positiva e hanno registrato performance solide in tutte le classi di attività, con l'eccezione delle materie prime. Se le azioni sono state le prime della classe, grazie all'effetto combinato di spread in contrazione e un calo dei tassi, il credito non è stato da meno. Nell'arco di un solo mese, il credito Investment Grade in euro ha registrato una performance superiore al 2,5%.  Infatti, con il decennale tedesco in flessione di 40 punti base, gli investitori in titoli di Stato a più lunga scadenza hanno beneficiato di rendimenti ancora più elevati. Il mese si è rivelato particolarmente positivo anche per il debito dei mercati emergenti, con rendimenti in valuta forte e locale rispettivamente del 4,7% e 3,6%.

Si è certamente trattato di un gradito regalo di Natale per molti investitori, con il rally che ha permesso a molte classi di asset di tramutare performance già buone in rendimenti a due cifre. L'HY statunitense ed europeo, come pure il debito sovrano dei mercati emergenti hanno guadagnato oltre il 10%. Come prevedibile, i titoli di Stato giapponesi hanno accumulato ritardi, con una performance appena positiva.

La rapidissima virata dei mercati non ci ha necessariamente sorpreso per i livelli raggiunti, ma piuttosto per la sua velocità. Di conseguenza, abbiamo rivisto le visioni sui mercati chiave per il prossimo mese e, nel complesso, abbiamo optato per un approccio più neutrale in termini di posizionamento sia sulla duration che sul credito.

 

Tassi usa: dopo l'euforia, preferiamo attendere una fase di debolezza prima di acquistare

Dopo il forte declino dei tassi americani a dicembre, abbiamo deciso di prendere parzialmente profitto, tornando a una posizione neutrale sui Treasury. Alla luce del nostro posizionamento long, la celerità e l'ampiezza del ribasso sono state molto vantaggiose, ma dato l'attuale livello dei tassi preferiamo evitare un sovrappeso. Il mercato del lavoro è ancora resiliente e i mercati sembrano avere una visione ottimistica riguardo agli interventi della Fed.

Negli ultimi mesi le condizioni finanziarie sono notevolmente mutate, sullo sfondo di un'inflazione in discesa. Nello specifico, non condividiamo l'ipotesi di sei tagli dei tassi nel 2024 e soprattutto non riteniamo che la Fed inizierà tale ciclo già a marzo. Nell'arco di un anno, intravediamo quattro tagli e la nostra aspettativa è ancora superiore a quanto comunicato dalla stessa Fed.

A questi livelli, i rischi si concentrano chiaramente sulla possibilità che i mercati si spaventino e facciano momentaneamente dietrofront, il che potrebbe far balzare di nuovo il decennale a circa il 4,25%. Questo è il valore che vorremmo vedere, in assenza di grandi stravolgimenti del quadro macro, prima di rafforzare nuovamente l'esposizione alla duration.

Sul più lungo termine, non riteniamo che i tassi abbiano esaurito il loro corso; la nostra analisi del ciclo e i nostri modelli di fair value suggeriscono che, alla luce dei costanti progressi sul fronte dell'inflazione, possiamo aspettarci un ulteriore calo del decennale dalla soglia del 4%.

 

Tassi eur: gli investitori ignorano la bce a loro rischio e pericolo

"Non combattere la FED" è un mantra del mercato, ma che dire della BCE? Le attese del mercato sembrano ignorare ostinatamente la retorica di Francoforte. Con i trader che prevedono essenzialmente lo stesso numero di tagli della FED (6 per un totale dell'1,5%), i dati sulla crescita e l'inflazione saranno al livello necessario affinché la BCE si spinga a tanto? Sebbene l'ascesa su base annua dell'inflazione a dicembre sia dovuta a un effetto di base e non rifletta le pressioni sottostanti sui prezzi, qualsiasi scenario diverso da una grave recessione non è verosimilmente sufficiente a innescare così tanti tagli. I toni della BCE sono stati più sfumati, a differenza dell'evidente svolta accomodante della FED, e a nostro parere gli investitori dovrebbero prendere l'istituto sul serio quando afferma che monitorerà "attentamente" eventuali impennate dell'inflazione.

Dall'analisi del ciclo sottostante e del fair value, le nostre conclusioni sono più o meno identiche a quelle dei tassi statunitensi: la lotta all'inflazione è sulla buona strada e i tassi core presentano valutazioni eque.

In termini di fattori tecnici, intravediamo quest'anno un volume significativo di emissioni sul mercato, non da ultimo in seguito alla graduale revoca dei reinvestimenti nell'ambito del PEPP da parte della BCE a partire da luglio. Tuttavia, nel complesso, crediamo che ciò sia ben anticipato dal mercato e, anzi, l'importo è leggermente inferiore rispetto alle aspettative iniziali della maggior parte degli attori del mercato.

 

Eurozona: un universo semi-core costoso?

Continuiamo a privilegiare da tempo i tassi austriaci rispetto a quelli francesi, a nostro avviso sopravvalutati. Abbiamo inoltre declassato e sottopesato il Belgio, dove notiamo sia un rischio di rating che una minaccia legata all'incertezza politica, sulla scia delle difficoltà a formare un governo dopo le elezioni che si terranno più avanti nell'anno.

Al contempo, abbiamo rivisto al rialzo i sottopesi su Italia e Portogallo, optando per una posizione neutrale. Agli attuali livelli, gli spread italiani non ci preoccupano particolarmente. Nell'ultimo anno il governo nazionale ha attuato una gestione fiscale prudente e lo spread Bund/BTP, pur oscillando nel complesso in linea con i tassi in euro, non ha sollevato eccessivi timori sulla capacità dell'Italia di far fronte ai propri obblighi in un contesto di tassi più elevati. Infine, anche il recente accordo dei ministri delle finanze dell'UE sulla revisione del Patto di stabilità e crescita dovrebbe essere favorevole. Con gli spread tornati ai livelli della primavera del 2022, non troviamo ragioni per rinunciare al carry più alto tra gli emittenti sovrani in euro, quello offerto dall'Italia.

Abbiamo inoltre rivisto al rialzo la nostra visione sul Portogallo, da sottopeso a neutrale. Il sottopeso era dettato da timori legati alla valutazione. Sebbene non si tratti di un movimento significativo, abbiamo colto l'opportunità di un recente ampliamento dello spread per tornare a una posizione neutrale. Alla luce delle solide prospettive economiche e fiscali del paese, le valutazioni sembrano sempre più giustificate dai fondamentali.

 

usd: ancora sopravvalutato, ma attendiamo un catalizzatore

Dopo la robusta performance di dicembre, abbiamo incamerato profitti dalla posizione long JPY rispetto all'USD. Continuiamo fondamentalmente a ritenere che il dollaro USA sia sopravvalutato ma, in genere, la valutazione è a nostro avviso uno scarso driver a breve termine della performance valutaria. A livello globale, gli investitori hanno ora liquidato gran parte delle posizioni long detenute sul biglietto verde; questa correzione, che avevamo previsto, ha rappresentato il motore della sottoperformance, ma a nostro parere elimina anche qualsiasi fattore a breve termine in grado di causare ulteriore debolezza.

Abbiamo introdotto posizioni long sulle coppie NOK/SEK e AUD/NZD. Tra i paesi scandinavi, la recente sovraperformance della SEK è stata trainata dal programma di copertura valutaria della banca centrale, ora destinato a concludersi. La Riksbank ha venduto ingenti quantità di USD ed EUR nel tentativo di mantenere il valore delle sue riserve valutarie, che si erano apprezzate in SEK. Al contrario, la Norges Bank, la banca centrale norvegese, ha annunciato l'intenzione di ridurre gli acquisti di valuta estera contro NOK.

Dall'altra parte del mondo, la posizione long su AUD e short su NZD è dettata dalla politica monetaria convenzionale anziché da interventi delle banche centrali sui mercati valutari per ragioni non monetarie. Poiché la Reserve Bank of Australia è stata una delle banche centrali più accomodanti tra i mercati sviluppati, a differenza della Reserve Bank of New Zealand, molto aggressiva, quest'ultima è ora sostanzialmente più avanti nel suo ciclo monetario, con due tagli previsti entro agosto, rispetto agli altrettanti attesi nell'intero anno in Australia.

 

Nel segmento dei mercati emergenti, preferiamo il debito in valuta locale (LC) e alcuni interessanti titoli denominati in euro

Nei mercati emergenti manteniamo la nostra preferenza per i tassi in valuta locale rispetto a quelli in valuta forte, pur apprezzando alcuni segmenti di quest'ultimo mercato, in particolare il debito denominato in euro emesso dalla Romania e ora dalla Bulgaria, dove abbiamo recentemente approfittato di un'emissione primaria. Anche MXN e BRL sono di nostro gradimento, dati i loro tassi reali molto elevati, come pure IDR e INR in qualità di carry trade.

 

Prudenza sul credito alla luce dell'offerta elevata

Abbiamo tatticamente rivisto al ribasso la nostra visione sul credito in euro (sia IG che HY). Pur non avendo serie preoccupazioni sui fondamentali (i margini EBITDA, i coefficienti di indebitamento e le posizioni di liquidità restano generalmente solidi) né sulle valutazioni, i fattori tecnici sono allarmanti. Le ricerche indicano che il posizionamento degli investitori sul credito è particolarmente long. Anche l'offerta dovrebbe risultare molto elevata a gennaio, con emissioni previste per circa 100 miliardi di euro nel segmento IG. Sebbene l'interesse resti alto e le operazioni primarie continuino a ricevere sottoscrizioni in eccesso, a parità di condizioni e in assenza di favorevoli sviluppi compensativi, preferiamo assumere una posizione più prudente. Abbiamo inoltre declassato il credito IG statunitense sia per i timori legati alle valutazioni, in seguito alla contrazione degli spread, sia per le previsioni di un'offerta molto consistente.

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