Indebolimento degli indicatori anticipatori

In un constesto di volatilità del trading, ad agosto si è assistito a un ritorno della correlazione tra asset rischiosi e tassi, con gli investitori delle maggior parte delle asset class che hanno chiuso il mese con rendimenti nulli o perdite moderate. Gli investitori nell'high yield statunitense, nei titoli di Stato e corporate investment grade in euro hanno conseguito i migliori risultati, mentre il debito emergente è stato il più penalizzato, a causa dei timori per i deboli dati sull'attività cinese. Riguardo ai titoli di Stato in euro, i paesi core hanno sovraperformato gli omologhi non core, con l'Austria in testa.

 

Regno Unito: la divergenza rispetto ad altre economie sviluppate rappresenta un'opportunità di acquisto per i Gilt

Nel Regno Unito gli indicatori prospettici segnalano un ulteriore deterioramento dell'economia. Nonostante alcuni trend, come la flessione dei PMI, siano diffusi a livello globale, sono stati più pronunciati nel Regno Unito. A differenza di altre economie del G10, anche la disoccupazione è sensibilmente aumentata e, a nostro parere, continuerà a salire. Occorre considerare infatti che la disoccupazione è un indicatore con un notevole ritardo. Dal loro canto, gli indicatori anticipatori, come il rapporto tra posti vacanti e disoccupati, sono peggiorati. Sebbene anche altrove si sia osservato un certo indebolimento dei mercati del lavoro, per ora l'impatto sulla disoccupazione effettiva negli Stati Uniti e nell'eurozona si è rivelato molto più contenuto. Rispetto a gran parte delle economie sviluppate, la struttura del mercato residenziale, con i tassi che in genere sono rinegoziati ogni 3-5 anni, rende il paese molto più vulnerabile a eventuali rialzi. Questo sta iniziando ad avere un impatto sui prezzi degli immobili. Tra il mercato del lavoro e quello residenziale, osserviamo quindi chiare forze disinflazionistiche in atto. Dopo ripetute sorprese al rialzo dell'inflazione, gli indicatori iniziano finalmente a segnalare un'inversione di tendenza.

Attualmente, i mercati scontano un tasso terminale del 5,75%. Riteniamo verosimile tale valore, anche se si colloca nella fascia superiore di un range di probabili risultati. Il nostro disaccordo riguarda fondamentalmente l'entità e la velocità dei successivi tagli. Al momento, il mercato sconta ancora un tasso del 5% alla fine del 2024, un livello che reputiamo decisamente troppo restrittivo.

Nel complesso, intravediamo nella maggior parte dei paesi tassi neutrali più elevati rispetto a prima del Covid, trainati da forze secolari come la svolta "green" dell'economia e il reshoring. Tuttavia, a causa dei cambiamenti strutturali conseguenti alla Brexit, siamo dell'avviso che l'economia britannica non sarà in grado di reggere tassi simili nel più lungo periodo.

Abbiamo rafforzato la nostra convinzione sui tassi britannici; a nostro parere, il mercato giungerà alla conclusione che, in tale ambito, il Regno Unito costituisce un'eccezione tra i paesi sviluppati.

Anche in Norvegia abbiamo optato per un approccio positivo sui tassi. Il nostro ragionamento è, sotto molti aspetti, analogo a quello del Regno Unito: attese del mercato troppo aggressive sulla banca centrale e una trasmissione molto diretta di tassi più alti all'economia reale attraverso i mutui a tasso variabile.

 

L’indebolimento degli indicatori anticipatori conferma le nostre visioni long sulla duration statunitense ed europea

La nostra visione fondamentale sulla duration USA resta costruttiva. I dati delle indagini sono peggiorati negli scorsi mesi e i mercati del lavoro mostrano chiari segni di cedimento. Pur essendo nel complesso robusta, la possibilità che l'occupazione non agricola deluda è alquanto concreta. Mentre l'inflazione diminuisce, i tassi reali salgono in territorio sempre più restrittivo, indizio di un'imminente fine del ciclo rialzista.

L'inflazione continua inoltre a scendere, anche se il mercato sembra essere incerto sul livello finale e su quando sarà raggiunto. La struttura a termine dei break-even d'inflazione è stabile intorno al 2,5% e, di recente, si è svincolata dalle oscillazioni dei mercati energetici. Questo fenomeno suggerisce una convergenza delle ipotesi verso un livello "predefinito" dell'obiettivo del 2%, più un premio di rischio.

Nell'eurozona diminuiscono sia l'inflazione che i PMI. I recenti commenti di Isabel Schnabel, membro del Consiglio della BCE, si sono rivelati molto accomodanti, inducendo il mercato ad anticipare lo scenario di "nessun rialzo". In tal caso, riteniamo verosimile che non ce ne saranno altri: probabilmente i segnali di un raffreddamento dell'economia si consolideranno, facendo apparire qualsiasi ulteriore aumento eccessivo e difficile da giustificare.

 

Mercati emergenti: specifiche opportunità nelle valute locali

Abbiamo rivisto al rialzo la nostra visione sulla Cina a neutrale, alla luce della costante debolezza dell'economia e dei problemi sul mercato immobiliare. Detto questo, continuiamo a non intravedere opportunità di acquisto sui tassi cinesi. Infatti, gran parte dei tassi in valuta locale dei mercati emergenti non presenta, a nostro parere, spread sufficientemente interessanti rispetto ai Treasury USA, pur apprezzando determinati mercati che offrono rendimenti reali elevati e un pregevole carry: Messico, Indonesia e India.

 

Credito: la minore crescita e l'inflazione peseranno sui margini

All'inizio di questo periodo segnato da un'inflazione su massimi pluridecennali, il principale interrogativo di molti investitori nel credito era se le imprese sarebbero state in grado di trasferire i costi ai consumatori. Ora possiamo affermare che non solo la stragrande maggioranza di esse è stata in grado di farlo, ma in numerosi casi gli aumenti dei prezzi hanno più che compensato i maggiori costi. L'espansione dei margini è stata presumibilmente tra i principali motori dell'inflazione.

In un contesto economico in cui la fiducia dei consumatori diminuisce e i margini delle imprese sono sempre più sotto esame, riteniamo che si stia avvicinando una congiuntura caratterizzata da potenziali ampliamenti degli spread. Tuttavia, il carry è ancora interessante e, sul breve e medio termine, non prevediamo grandi difficoltà di rifinanziamento per gli emittenti.

Alla luce di ciò, siamo tornati a una visione complessivamente neutrale sul credito IG europeo, rafforzando al contempo la nostra preferenza relativa per gli emittenti finanziari rispetto a quelli non finanziari.

Riguardo al credito statunitense, la nostra convinzione resta essenzialmente immutata: sebbene il segmento non desti preoccupazione, gli spread non sono abbastanza appetibili, soprattutto per gli investitori in euro.

 

 

 

 

 

 

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