L'inflazione mostra segni di cedimento

L'esuberanza dei mercati è proseguita a dicembre e nei primi giorni di gennaio, con gli asset rischiosi che hanno esibito solide performance, sospinti ancora una volta da segnali di un'inflazione in calo e dalla speranza di un approccio meno aggressivo da parte delle banche centrali. Gli asset europei hanno sovraperformato gli omologhi americani, mentre il segmento emergente in valuta forte è stato il primo della classe insieme al credito in USD. Anche i titoli sovrani dell'eurozona hanno nel complesso registrato robusti rendimenti, con i periferici che hanno generalmente sovraperformato i tassi core.

È importante notare che questo deciso rally non è associabile a cambiamenti a livello di fondamentali o di paradigma. Al contrario, il contesto di propensione al rischio continua a essere trainato dalle attese di una pausa delle banche centrali in virtù di un'inflazione più contenuta, sulla quale incidono principalmente prezzi delle materie prime in flessione. Inoltre, sembra esserci la percezione che, sebbene i vigorosi rialzi dei tassi abbiano avuto un certo impatto sulla crescita (facendo scendere l'inflazione), il rallentamento non sia pronunciato e le economie del G4 mostrino ancora una forte resilienza.

I fondamentali sembrano reggere anche nell'universo del credito, sullo sfondo di un mese relativamente tranquillo. Sono stati i settori che avevano sofferto di più nel corso del 2022 (immobiliare, servizi di pubblica utilità) ad alimentare il rally sul mercato del credito. Anche gli emittenti con rating più elevato si sono comportati bene, con gli emittenti BBB in euro che hanno sopravanzato lievemente gli omologhi B.

Una situazione equilibrata per i tassi USA

Sebbene negli Stati Uniti la crescita sia più lenta, la probabilità di una recessione conclamata appare sempre più remota. Il ciclo economico è in fase di contrazione, per quanto si preveda una ripresa a breve. La solidità del mercato del lavoro preoccupa la Fed, soprattutto perché i dati sui posti di lavoro non agricoli si sono rivelati molto incoraggianti. Di conseguenza, le aspettative puntano a due ulteriori rialzi da parte della Fed, anche se sembra esserci una leggera resistenza del mercato a questo.

La maggior parte degli indicatori suggerisce ora un calo dell'inflazione, in quanto l'IPC è moderatamente diminuito. Il ciclo dell'inflazione salariale si è ora unito a quello di consumi e alloggi in una traiettoria discendente ed è molto probabile che l'inflazione entri in una fase di "raffreddamento". Con le distorsioni causate dal Covid in via di normalizzazione e la riapertura cinese suscettibile di ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta, vi è una forte possibilità che l'inflazione continui a diminuire, esercitando una pressione al ribasso sui tassi statunitensi.

L'eurozona è ancora vulnerabile ai rialzi dei tassi

Sebbene la crescita sia piuttosto modesta nei vari paesi del continente europeo, l'inflazione rimane ancora ai massimi. Pertanto, il lavoro della banca centrale non è ancora finito. Il ciclo economico non sembra avere lo stesso slancio degli Stati Uniti e, sebbene non si preveda una forte contrazione, si dubita che nei prossimi 6 mesi si assisterà a un sostanziale miglioramento. Il ciclo rialzista della BCE continua a essere in ritardo rispetto a quello delle altre banche centrali dei mercati sviluppati e quest'anno potrebbero quindi esserci ulteriori inasprimenti. Ciò è emerso dall'ultimo discorso di Christine Lagarde (presidente della BCE), che ha fornito un orientamento aggressivo sui futuri aumenti dei tassi. La BCE ha annunciato che procederà al quantitative tightening (QT) per il programma APP all'inizio di marzo 2023 con un "ritmo misurato e prevedibile", il quale consentirà di ridurre in media il bilancio di 15 miliardi di euro al mese sino alla fine del secondo trimestre del 2023. In termini di domanda e offerta, è interessante notare che le prospettive non sono particolarmente favorevoli per i titoli sovrani, in quanto i disavanzi esercitano ulteriori pressioni sulle emissioni, sommandosi alla stretta quantitativa, e potrebbero portare a una curva sempre più ripida nell'EMU. Detto questo, intravediamo chiare opportunità Relative Value tra gli emittenti dell'EMU, sostenute da fattori idiosincratici che vanno oltre la dicotomia core/non-core. L'Austria, i cui spread appaiono sempre eccessivi alla luce dei fondamentali, continua a essere una delle nostre convinzioni. I sovrani periferici saranno penalizzati dalla ricalibrazione della politica monetaria della BCE, nonostante la maggiore solidarietà europea. La dinamica dell'offerta si deteriorerà nel 2023. Tuttavia, il posizionamento è adesso più favorevole, in seguito a un costante ridimensionamento delle posizioni long sul segmento non-core.

Dispersione in alcuni tassi del G10

Sullo sfondo di una tendenza ascendente, i tassi canadesi appaiono vulnerabili. L'inflazione ha sorpreso al rialzo e i dati sull'occupazione restano estremamente solidi, anche più di quelli statunitensi. I tassi sembrano costosi, con valori prossimi ai minimi in termini di spread e un carry debole. Il posizionamento si conferma long, poiché gli investitori diffidano apparentemente di una svolta anticipata. Per contro, i tassi neozelandesi restano piuttosto interessanti, alla luce di un leggero peggioramento dei dati macroeconomici e di probabili ulteriori cali della crescita. In Giappone, sulla scia di una banca centrale aggressiva (una delle ultime a diventare hawkish), è improbabile che i rendimenti esibiscano ribassi sul breve termine.

Il vigore del dollaro potrebbe essere messo in discussione

Dopo un ottimo 2022, la solidità del dollaro sembra aver raggiunto il picco e lo scorso mese la valuta ha sottoperformato quasi tutte le sue controparti. Con il calo dell'inflazione negli Stati Uniti, la Fed non è più così aggressiva come in passato, privando il greenback di una fonte di sostegno vitale. Sebbene non ci aspettiamo un dollaro particolarmente debole, soprattutto perché rimane un bene rifugio in un periodo piuttosto volatile, ci sono alcune valute dei mercati emergenti che potrebbero sovraperformare. Anche se il posizionamento generale del mercato è ovviamente ancora long sul greenback, alcuni carry trade rispetto alle valute delle regioni Latam/Asia offrono punti di ingresso interessanti. Inoltre, il sentiment di rischio è positivo per valute come il peso messicano e il real brasiliano, soprattutto alla luce della riapertura cinese.

Posizione opportunistica sui mercati emergenti

I mercati dell'Europa orientale continuano a sovraperformare e a essere sostenuti dal solido programma fiscale europeo. I rendimenti cechi sono diminuiti ma permane un buon carry trade. Tali rendimenti non si sono mossi più di tanto rispetto agli omologhi dell'Europa centro-orientale e, grazie alla stabilità della valuta e alla lotta contro l'inflazione anche in tale paese, intravediamo ancora valore in questo mercato. In America Latina, i tassi brasiliani offrono rendimenti reali molto interessanti, poiché i rendimenti nominali del 13% sono nettamente superiori all'inflazione. La riapertura della Cina, in particolare, dovrebbe sostenere l'economia brasiliana, anche se i prezzi delle materie prime non torneranno verosimilmente ai massimi estremi di qualche mese fa.

Maggiore convinzione nell'investment grade, minore cautela nell'high yield

Sul fronte del credito, sono giunte molte buone notizie. Insieme, l'inflazione meno sostenuta, i fondamentali più resilienti del previsto, la minore probabilità di recessioni conclamate, le banche centrali meno aggressive e la riapertura cinese hanno creato uno scenario simile a quello "goldilock". Anche i fattori tecnici del mercato appaiono favorevoli e inducono a privilegiare il credito investment grade. I rendimenti sono ancora elevati, anche dopo la recente contrazione degli spread (20 pb nell'UE). In questa congiuntura piuttosto rosea, riteniamo che sia necessario tenere ancora presenti alcuni rischi, poiché le previsioni delle società restano relativamente deboli (o talvolta inesistenti) e gli spread in alcuni segmenti sono molto contratti. Pertanto, in questo contesto complessivamente positivo la selezione bottom-up è sempre fondamentale.

Si raccomanda di essere neutrali sull'high yield (rispetto alla precedente posizione negativa). I fattori tecnici continuano a essere favorevoli, poiché non ci aspettiamo un'offerta elevata. Dovrebbero emergere rising star, ma è improbabile che superino i fallen angel. Data la migliore qualità nell'high yield dell'UE (con i titoli BB che compongono ora il 70% dell'universo), anche dopo il forte rally di dicembre ci sono buone prospettive a breve termine grazie al carry. Sebbene i tassi di default siano ancora inferiori alle medie storiche, le aspettative sono in ascesa e la dispersione dovrebbe presumibilmente aumentare, il che giustifica ancora una volta un approccio selettivo.

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