Performance negative su tutti i fronti

Dopo una tregua a luglio, ad agosto si sono registrate performance negative in quasi tutte le classi di asset. Per quanto riguarda i tassi del G10, gli investitori in Giappone hanno sofferto in minore misura (-0,97%), mentre il Regno Unito ha esibito le perdite più significative (-6,36%), seguito dai paesi periferici dell'EMU (-5,34%). I mercati core dell'EMU si sono comportati moderatamente meglio, facendo segnare -4,71%, un valore tuttavia molto distante dai titoli di Stato americani (-2,73%). I breakeven hanno tutti chiuso in territorio positivo, anche se di poco nell'eurozona.

Nell'universo del credito, il debito senior ha sovraperformato le emissioni subordinate. In linea con l'andamento dei titoli di Stato, i corporate europei hanno sottoperformato i loro omologhi statunitensi, ma la qualità del credito non è stata determinante per la performance.

Le valute legate alle materie prime (CLP, RUB, MXN e BRL) hanno ancora una volta conseguito i migliori risultati rispetto all'euro. Il dollaro si è apprezzato del 2,83%. Su base relativa, poche delle principali valute hanno chiuso il mese in ribasso rispetto all'euro, ma tra queste spiccano JPY (-1,24%), HUF (-1,62%), GBP (-1,95%) e SEK (-3,51%). Nel complesso, le nostre prospettive economiche per gli Stati Uniti e l'Europa restano invariate. Continuiamo a ritenere più probabile che gli Stati Uniti riescano a evitare una vera e propria recessione, per quanto quest'ultima rimanga una possibilità concreta. In Europa, il persistere di prezzi del gas naturale elevati sembra essere lo scenario economico più verosimile per il resto dell'anno e per il 2023.

L'inflazione potrebbe aver raggiunto un picco temporaneo sia negli Stati Uniti sia nell'eurozona ma, per il momento, le banche centrali hanno scarso controllo sulla crescita degli stipendi, la quale potrebbe avere effetti indiretti e spingere ancora più in alto i prezzi alla produzione e infine quelli al consumo. Come previsto da molti osservatori, Jerome Powell ha colto l'occasione di Jackson Hole per informare l'opinione pubblica statunitense che, nella lotta all'inflazione, sarebbe stata inevitabile una certa sofferenza. Questi toni aggressivi hanno inoltre ricordato ai mercati che la Fed non ha intenzione di optare per un approccio più accomodante nonostante il rallentamento economico. Sebbene i precedenti dubbi fossero probabilmente basati su malintesi, le sue dichiarazioni hanno avuto gli effetti sperati e la propensione al rischio è diventata negativa. La curva dei Fed Fund è ora completamente allineata al "dot plot" del FOMC, con i mercati che anticipano un picco del 4% nel 2023. È opportuno menzionare che una crescita più contenuta dell'inflazione non sarà sufficiente; l'economia dovrà attraversare un periodo di disinflazione per riportare il rincaro dei prezzi al livello target del 2%. L'accelerazione dell'inasprimento quantitativo sottolinea la volontà della Fed di proseguire su questa strada. Infatti, i Treasury in scadenza non bastano per raggiungere gli obiettivi di riduzione del bilancio, il che dovrebbe indurre la Fed ad attingere anche alle sue posizioni in titoli a breve scadenza. La crescita negli Stati Uniti già mostra segni di cedimento, ma una recessione conclamata non sembra ancora l'esito più probabile. Al contrario, nell'EMU il rallentamento sarà più marcato, data la maggiore esposizione alla crisi energetica causata dall'invasione russa in Ucraina. Ciononostante, nei commenti successivi all'ultimo rialzo dei tassi di 75 pb, anche Christine Lagarde ha assunto toni decisamente aggressivi. Poiché le precedenti previsioni inflazionistiche erano troppo basse, era a rischio la credibilità della banca nella lotta all'inflazione. Nel Regno Unito l'inflazione ha proseguito la sua ascesa, mentre la crescita si è deteriorata più rapidamente rispetto agli Stati Uniti o all'eurozona. L'inflazione è stata un'importante fonte di preoccupazione per i banchieri centrali e i cittadini dell'intero mondo sviluppato, ma il quadro potrebbe essere più sfumato in Giappone, dove i decisori politici hanno a lungo cercato di ravvivarla senza successo. Il rincaro dei prezzi, trainato come altrove dall'energia, inizia a ripercuotersi sulle attese dei prezzi alla produzione e al consumo. Con l'introduzione da parte del governo di leggi che incentivano anche gli aumenti salariali, la terza economia al mondo potrebbe ora uscire dalla sua spirale deflazionistica.

Il credito permane volatile. Soprattutto nel segmento HY in euro i fondamentali esibiscono una tenuta generalizzata, ma assistiamo ora a un maggior numero di declassamenti e di "fallen angel" rispetto a "rising star". Per le loro esigenze di finanziamento, molte aziende di questo segmento preferiscono utilizzare le linee di credito con le banche anziché rifinanziarsi sul mercato (con un conseguente aumento delle emissioni di emittenti finanziari europei). Il quadro è diverso negli Stati Uniti, dove sono attesi volumi di emissione significativi sia nel segmento IG sia in quello HY. Anche le obbligazioni convertibili hanno subito ingenti perdite. In modo analogo all'HY statunitense, prevediamo un'ondata di nuove emissioni in un mercato che aspetta da molto tempo il ritorno dell'attività primaria.

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