Gilt britannici nel pieno della tempesta

Analisi dei mercati

Dopo le perdite subite ad agosto, a settembre gli investitori obbligazionari non hanno avuto tregua. Tutte le principali asset class hanno perso terreno, con i ribassi più significativi fatti registrare dai Gilt britannici. In termini relativi, i Treasury statunitensi hanno evidenziato i cali più contenuti, mentre le altre asset class, tra cui i titoli di Stato dell'EMU, i corporate in USD e quelli in EUR, si sono collocate all’interno di questi estremi. Come previsto, la crescita globale rallenta, anche se i mercati del lavoro si dimostrano particolarmente resilienti. L'inflazione si mantiene molto elevata e le banche centrali continuano a rilasciare dichiarazioni aggressive. Tuttavia, le turbolenze sul mercato dei Gilt sollevano importanti interrogativi sull'eventuale opera di bilanciamento delle banche centrali, chiamate a raggiungere obiettivi contrastanti: combattere l'inflazione garantendo al contempo la stabilità finanziaria. Sebbene la causa scatenante di questo crollo sia stata la politica fiscale annunciata dal governo britannico, più in generale l'episodio mette in forte dubbio la capacità di procedere a un inasprimento quantitativo.

Negli scorsi mesi le banche centrali hanno perseguito in modo aggressivo una politica monetaria hawkish. Tuttavia, alla luce dei rischi per la stabilità finanziaria osservati di recente potrebbe essere difficile attuare un'ulteriore stretta. Di per sé, tali rischi non preannunciano ancora una svolta accomodante, ma gli investitori dovrebbero prestare molta attenzione ai commenti delle banche centrali e agli indicatori di instabilità finanziaria, che rivestiranno certamente un ruolo chiave nel loro processo decisionale.

 

Treasury: nessun cambio di rotta della Fed in vista

I rendimenti dei Treasury USA a 10 anni hanno toccato il 4%, oltrepassando un'importante soglia tecnica. Con gli indicatori di inflazione, sia hard che soft, che tornano a scendere, possiamo aspettarci una svolta accomodante con un conseguente rally dei Treasury? Riteniamo che sia prematuro dar per scontato un simile scenario. La crescita degli stipendi non ha raggiunto il picco e, pertanto, la Fed dovrebbe proseguire il suo ciclo rialzista per evitare che gli effetti indiretti delle crescenti retribuzioni portino a un aumento dei prezzi alla produzione e infine di quelli al consumo. Prevediamo inoltre un maggiore volume di emissioni del Tesoro statunitense, poiché i rendimenti in ascesa pesano sul conto economico della Fed. Con la perdita di valore delle partecipazioni, le rimesse inviate al Tesoro, in passato capaci di finanziare parte del deficit, sono ora negative, il che implica un'emissione necessariamente superiore al deficit stesso. In questo contesto, continuiamo ad avere un giudizio fondamentalmente neutrale sulla duration statunitense.

 

EUROZONA: la crisi energetica continua ad alimentare l'inflazione

Nonostante il rallentamento delle prospettive di crescita, la BCE ha sottolineato che procederà a ulteriori rialzi dei tassi. Le previsioni dell'istituto sull'inflazione per il 2024 sono ancora sopra il 2% e, fino a quando resteranno tali, Francoforte manterrà un approccio aggressivo. In assenza di segnali di un calo duraturo dell'inflazione, siamo costretti a conservare una visione negativa sulle scadenze biennali della duration core dell'eurozona. Gli indicatori di crescita stanno indubbiamente rallentando nella regione, ma non possiamo escludere un ulteriore sostegno fiscale suscettibile di favorire la parte lunga delle curve core. Optiamo quindi per una posizione neutrale sulle scadenze più lunghe.

Il quadro è simile per i periferici dell'eurozona. In un'ottica di singoli paesi, restiamo prudenti soprattutto sull'Italia, poiché i rischi sono chiaramente concentrati al ribasso. Non ci si aspetta un importante cambiamento fiscale da parte del nuovo governo di Giorgia Meloni ma, è possibile che il suo esecutivo intenda apportare alcune modifiche alla bozza di bilancio presentata dal governo Draghi alla Commissione europea. Potremmo anche assistere a un adeguamento dell'outlook da parte delle principali agenzie di rating. Inoltre, i fattori tecnici potrebbero spingere verso l'alto i rendimenti dei BTP nei prossimi mesi, in quanto le emissioni da inizio anno fluttuano e la posizione di liquidità del Tesoro italiano è insolitamente bassa.

 

La scommessa della BoJ

Il Giappone potrebbe essere finalmente riuscito ad uscire dal suo ciclo deflazionistico, con gran parte degli indicatori, compresi gli stipendi, orientati al rialzo. A ciò si aggiunge la debolezza dello yen, che induce il paese, al pari dell'eurozona, a importare di fatto inflazione sotto forma di bollette energetiche più care. Ciononostante, l'inflazione core non è ancora al 2% e, prima di intervenire, la Banca del Giappone potrebbe essere tentata a lasciarla aumentare fino a tale valore. Dato l'elevatissimo rapporto debito/PIL del Giappone, sussiste ovviamente il rischio che i tassi salgano a livelli insostenibili. Non a caso, la BoJ continua ad agire sul segmento 0-10 anni della curva per tenere i rendimenti sotto controllo. Anche se gli interventi della banca continuano a raggiungere il loro scopo, vi sono comunque ampi margini per un irripidimento sulle scadenze più lunghe. Di conseguenza, abbiamo assunto una posizione short sui titoli di Stato giapponesi a lunga scadenza.

 

Mercati emergenti: restiamo cauti, MA LE MOSSE DELLA FED FANNO MENO PAURA

L'approccio aggressivo della Fed e un terminal rate del 4,5% sembrano ora riflessi nelle valutazioni dei mercati emergenti; il ciclo dell'inflazione preoccupa quindi di meno rispetto al passato. I fattori esterni e macroeconomici continuano però a essere sfavorevoli alla asset class. Il rallentamento dell'economia globale peserà sulle esportazioni, il che ci induce a rivedere la nostra preferenza relativa per i paesi produttori di materie prime. La Cina continua a presentare significativi rischi di ribasso nel settore Real estate. L'avversione al rischio sul mercato è ancora elevata e non favorirà le emissioni dei mercati emergenti. Infine, date la solidità del dollaro USA e l'incertezza riguardo al suo andamento rispetto alle monete emergenti, è in questo momento difficile aprire posizioni nel debito in valuta locale. Tuttavia, vi sono opportunità specifiche nelle valute con fondamentali stabili che hanno sofferto quest'anno.

 

Credito: rendimenti interessanti, ma alcuni rischi non sono ancora pienamente scontati

Manteniamo la nostra posizione difensiva sul credito e privilegiamo la qualità. Le valutazioni sono ora più interessanti in termini di rendimenti, ma i premi al rischio nei mercati High Yield sono ancora prossimi alle medie storiche, mentre quelli dell'Investment Grade in euro si avvicinano ai livelli visti all'apice della crisi del Covid. Di conseguenza, su base relativa preferiamo l'Investment Grade all'High Yield. Nel complesso, il contesto macroeconomico rimane impegnativo ed emergono segni di fondamentali sotto pressione. La qualità del credito peggiora e, nel segmento High Yield, intravediamo ora più declassamenti che revisioni al rialzo. Sul fronte delle società, si prevede un deterioramento dei flussi di cassa disponibili. Agli attuali livelli, riteniamo che gli spread dei mercati High Yield non scontino ancora adeguatamente i rischi che le imprese sono chiamate ad affrontare.

 

Strategia e posizionamento

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